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mercoledì 28 giugno 2017

Nel Western di Super Pro tutto è talmente finto da risultare vero!


Ed ecco a voi la quinta storia "pseudo Western" di Super Pro che finisce sul mio blog per festeggiare il quindicesimo anno di vita editoriale del personaggio.

Continuavano a chiamarlo Arizona Pro uscì nel mese di luglio 2009 sulle pagine (cartacee) della rivista per bambini 44Gatti (Gaghi Editrice, Milano), ed è l'episodio n. 43 della serie.
Il racconto, rispetto ai precedenti con la medesima ambientazione, spinge l'acceleratore sul "gioco delle parti" e sul gusto delle sane evasioni dalla realtà. Un'esigenza che però mette sempre in primo piano gli aspetti attivi e creativi, in un crescendo di interpretazioni incrociate, in cui le citazioni diventano materiale narrativo nuovo.
In Super Pro, il Western è uno scenario posticcio che si trasforma in materia vivente soltanto nel profondo dei personaggi, nel loro immaginario e nel loro vissuto. Per tali motivi, il gioco delle finzioni finisce per renderli quasi reali.



Il filone "pseudo Western" di Super Pro, inaugurato con l'episodio Lo chiamavano Arizona Pro (luglio 2003), è poi proseguito nel corso dei primi anni di vita del personaggio. In queste storie, io e Luca Usai (i creatori della serie) ci siamo divertiti a dare a Super Pro l'identità "parallela" di Arizona Pro. Costui è il fantasma di un formidabile pistolero che ha scelto come dimora la cittadina abbandonata di Lollywood, un sito in cui tanti anni fa si giravano i film Western.


Lollywood si trova nei pressi del Golfo dei Tonni, la località di mare in cui Bebo, Ale e Tore, i tre bambini protagonisti della serie, ogni estate si recano a trascorrere le vacanze estive in campeggio.
Tutto ciò consente ai tre bambini e al super procione di accedere con relativa facilità a questo affascinante sito, "entrando nella loro personalissima dimensione Western".


Continuavano a chiamarlo Arizona Pro paga (a cominciare dal titolo!) alcuni debiti affettivi al Western Spaghetti italiano, genere cinematografico di punta degli anni '60 e '70. E lo fa mettendo in scena un film girato da tale Leo Sergione, nome che evidentemente gioca con quello di Sergio Leone, genio assoluto del cinema Western italiano.


Il film di Leo prevede che Bebo, Ale e Tore assumano le identità dei tre personaggi di fantasia con i quali altre volte hanno amato giocare tra le vecchie assi di legno di Lollywood, vale a dire il fuorilegge Bebo the Kid, lo sceriffo Salvador e la proprietaria del saloon Alexandra.

Come è facile aspettarsi, gli avvenimenti finiranno per deragliare dai binari del copione. In più, l'improvvisa invasione di campo da parte dei Gemelli Dentoni, vecchie conoscenze dei nostri eroi, costringerà Super Pro (rigorosamente nei panni del fantasma di Arizona Pro) a intervenire.


La spiegazione finale che Ale darà a Leo sulla natura di Arizona Pro è una palese fandonia, buona solo per preservare l'identità segreta del procione super eroe. Ma, all'interno di questo gioco di finzioni e di personaggi che assumono identità diverse dalla propria, tale fandonia finisce paradossalmente per risultare quasi credibile!

Gli unici che in questi continui "giochi delle parti" interpretano se stessi sono i cattivi di turno, cioè i Gemelli Dentoni. Tuttavia anche costoro non sono precisamente "del tutto originali", dato che rappresentano l'evidente rivisitazione "superproiana" di quattro tra i più celebri fuorilegge del fumetto Western mondiale. A voi il compito di riconoscerli, anche se li avete già incontrati nella prima storia "pseudo Western" della serie: la già citata Lo chiamavano Arizona Pro.


Subito dopo Continuavano a chiamarlo Arizona Pro, io e Luca chiudemmo momentaneamente il filone pseudo Western di Super Pro.
Solo di recente mi sono assunto il compito di riprenderlo in mano, insieme al disegnatore Jean Claudio Vinci. E così, con l'episodio n. 89, intitolato La legge di Lollywood, Arizona Pro è finalmente tornato e i suoi giovani lettori ne possono ammirare le gesta sul numero della rivista 44Gatti in uscita proprio in questi giorni!


Super Pro © Daniele Mocci e Luca Usai

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