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lunedì 4 aprile 2016

Quella firma FERRI G. che fa parte della mia vita come l'aria che respiro

L'ho vista per la prima volta un sacco di tempo fa, quella firma FERRI G.

Era sempre in edicola, sulle copertine degli albi di Zagor, quando mi portavano (mia madre, per lo più) a comprare Topolino.
Era una firma semplice, lineare e leggibile.
Niente fronzoli o girigori.
Niente abbellimenti.
Tutta forza e sostanza.
Concreta.
Inequivocabile.

Ma Zagor era un fumetto "per grandi", e io dovevo accontentarmi di Topolino. In attesa che arrivasse il mio momento.

L'ho vista da quando ho memoria di un'edicola, quella firma FERRI G.
Da prima di avere tra le mani il mio primo Zagor.
Che poi era il n. 100 (Zenith 151), Il mio amico Guitar Jim. Un albo tutto a colori. Un modo fuorviante per innamorarmi di Zagor e cominciare una collezione di giornaletti fatti di pagine in bianco e nero. A parte i numeri cosiddetti "centenari" e quella stranissima eccezione di Indian circus.

Era l'estate del 1980 e io avevo appena compiuto 10 anni.
Mia madre mi aveva portato in un altro paese a fare gli esami medici per la colonia estiva.
C'era un bel po' da aspettare e lei mi diede qualche spicciolo per comprare un fumetto.
Andai solo (come un esploratore dell'ignoto) nell'edicola giù in strada, proprio sotto l'ambulatorio. E lo trovai nello scaffale dei fumetti "arretrati", cioè in quel tabernacolo sacro che un tempo non mancava mai nelle edicole degne di questo nome.
A quell'epoca l'albo mensile inedito costava 500 lire. Una cifra proibitiva per me, che avrei dovuto aspettare quasi altri due anni per cominciare ad acquistare ogni mese l'ultimo uscito.
Comunque quel numero 100 a colori lo pagai 400 lire, come segnalava l'adesivo tondo appiccicato sul "vero" prezzo in copertina. Avrei staccato quell'adesivo solo qualche anno dopo, liberando il prezzo originale di L.250.

Il mio amico Guitar Jim fu una lettura nuova per me.
Appassionante.
Entusiasmante.
Era la storia a fumetti più lunga che avessi mai letto fino a quel momento. E da allora non smisi più di leggere Zagor.

Ma, anche se quello era il mio primo albo, avevo già incontrato lo Spirito con la Scure qualche tempo prima.
In occasione di una festa (Pasqua o qualcos'altro), a casa dei nonni arrivarono due album di trasferelli. Uno per me e uno per mia sorella.
Nel mio c'erano delle belle illustrazioni di alcuni tipici luoghi zagoriani. Di sicuro, uno scorcio della foresta di Darkwood con alberi e liane. Un fiume e almeno una canoa.
Quei disegni così dinamici e decisi, grondanti di avventura e carichi di promesse meravigliose mi rapirono per sempre.
Poi c'era quell'uomo in jeans aderenti e casacca rossa senza maniche. E quell'aquila sul suo petto.
Impossibile resistere.
Quello era Zagor che mi chiamava all'avventura.
Quello era il disegno di Gallieno Ferri.
Quella era la porta che avrei varcato senza più tornare indietro.

Sono passati trentasei anni da queste cose.
Da tante primavere a questa parte il mio lavoro è fatto di scrittura.
In modo particolare di scrittura per i fumetti.

Ecco. Tutto questo per dire che, anche se ho cominciato a leggere e scarabocchiare fumetti almeno tre anni prima di quell'estate del 1980, io sono diventato uno sceneggiatore di fumetti in buona parte per merito di Zagor.
Un merito che è prima di tutto dei disegni di Gallieno Ferri.
Infatti fu grazie a quell'album di trasferelli che ebbi la possibilità di respirare per la prima volta l'aria di Darkwood, applicando su quelle pagine le figurine di Zagor, Cico & company.

Tutto il resto, comprese le meravigliose storie di Guido Nolitta / Sergio Bonelli, l'ho scoperto dopo.
Ed è stato all'altezza delle immense aspettative che mi ero fatto.
Proprio come la vita e l'opera di Gallieno Ferri.
Un uomo che non potrò mai smettere di ringraziare e di ammirare.

Mi mancherà quella firma FERRI G., dopo la pubblicazione della sua ultima copertina di Zagor. Mi mancherà quando anche la sua ultima tavola sarà data alle stampe.
Mi mancherà maledettamente.
Ma non me la dimenticherò mai.

Grazie, Gallieno.
Grazie, maestro.

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