se fossi un'automobile...

... sarei una FIAT 850. Ve la ricordate?

venerdì 18 novembre 2016

Assicurazione auto: quanto mi costa il cambio di residenza?

PREMESSA
Dopo cinque mesi di assenza dal blog, avrei voluto proporre un altro tipo di post. Ma quello che mi è capitato ieri, al pagamento della seconda rata dell'assicurazione auto, mi costringe a rivedere le priorità. Ho già pubblicato ieri le poche righe che seguono. L'ho fatto sulla mia pagina facebook e sulla mia pagina google plus. Ripubblico oggi qui, perché, anche se il blog ha (ormai) pochi accessi e pochi lettori, ha comunque la capacità di far "durare più a lungo i post". Così, se qualcuno farà delle ricerche su questo argomento anche tra qualche mese, magari si potrà imbattere in questa esperienza "di vita" e potrà farne tesoro.
FINE PREMESSA


Seconda rata dell'assicurazione auto 2016 + annessa assicurazione conducente.

Con il cambio di residenza [da un comune della Sardegna (Medio Campidano) di circa 8.800 abitanti a un altro comune della Sardegna (Medio Campidano) di circa 5.000 abitanti che dista poco meno di 20 chilometri dal primo], la UNIPOL-SAI mi ha spillato 67 euro e 96 cent in più (a semestre).

Solo per il cambio di residenza!

Scopro, così, che il comune in cui abito adesso è senz'altro un covo di pirati della strada, dato che questa "spettabile" compagnia assicuratrice chiede a chi ci abita ben 140 euro in più all'anno rispetto a chi abita in quell'altro comune. Nemmeno se mi fossi trasferito a Roma, Milano, Napoli o Palermo!

Siamo seri... al netto dell'ironia e con il massimo rispetto per chi in Unipol-Sai ci lavora (parlo degli impiegati "al banco" che hanno a che fare con i clienti come me), questo a casa mia si chiama FURTO, LATROCINIO, GRASSAZIONE, e via di questo passo.
È forse questo il modo di ringraziare un cliente che è in Unipol-Sai (prima solo Sai, poi Fondiaria-Sai e adesso Unipol-Sai) da 16-17 anni, e che da tempo è in prima classe di merito?

Sempre a casa mia, per una cagata del genere si dovrebbe
(1) chiedere scusa,
(2) rivedere le deliranti tabelle che attribuiscono ad minchiam la diversa "pericolosità" delle zone di residenza dei clienti,
(3) restituire il maltolto.
E soprattutto, far gravare quella maggiore pericolosità sulle teste di cazzo che davvero fanno gli stronzi alla guida delle loro automobili. Non su chi, oltre a essere un buon cliente, è anche un automobilista con la "fedina penale" pulitissima.

Per concludere, vaffanculo.


PS
Non mi scuso affatto delle pseudo volgarità che ci sono in queste righe, perché la vera volgarità è rappresentata da quell'ingiustificabile e odiosissimo aumento di tariffa. Una roba da far girare i coglioni "a elica" per mesi, mesi e mesi anche a un santone tibetano.

martedì 28 giugno 2016

Grazie, Bambino... mi mancheranno i tuoi mugugni.


Sono mille le immagini.
Mille i momenti, i pugni, le risate.
Mille i mugugni.
Sì, se devo scegliere la cosa che trovavo più divertente nei personaggi di Bud Spencer, direi proprio "i mugugni".
Quei versacci spazientiti che faceva quando perdeva le staffe di fronte a un cretino.
Erano "tuoni" che indicavano che da lì a poco si sarebbe scatenata una tempesta di pugni e schiaffoni.

Sono mille i momenti che diventano ricordi.
Non solo d'infanzia.
Mille le ore passate a vedere e rivedere i suoi film. Tutti i suoi film, non solo i soliti sei o sette che ancora oggi continuano a passare in TV.

Tutti, compresi "Dio perdona... io no" [regia di Giuseppe Colizzi, 1967], "Al di là della legge [regia di Giorgio Stegani, 1968], "Un esercito di cinque uomini" [regia di Italo Zingarelli, 1969], "La collina degli stivali" [regia di Giuseppe Colizzi, 1969], "Una ragione per vivere e una per morire" [regia di Tonino Valerii, 1972]... solo per citarne alcuni quasi completamente scomparsi da almeno due decenni.
E ce ne metto almeno un altro che, per fortuna, fa parte di quei sei o sette che continuano a trasmettere ancora oggi: "I quattro dell'Ave Maria" [regia di Giuseppe Colizzi, 1968].

Ma ce ne sarebbero altri.
Come, ad esempio, "Cantando dietro i paraventi" [regia di Ermanno Olmi, 2003].

Bud-Carlo non era solo un caratterista che insieme a Terence Hill o a qualche altro compagno di set prendeva a sberle le caricature dei prepotenti.
Era anche un attore.
Era un uomo intelligente, colto e informato.
Era uno con la schiena dritta.
E lo era a prescindere dal valore intellettuale di molte pellicole che ha contribuito a rendere celebri.

Le sue idee politiche, che non condividevo, avevano il pregio di essere sue. E non cambiano di una virgola lo spessore dell'uomo che, nel suo caso, corrispondeva perfettamente allo spessore del suo corpo fisico.

In tanti, tra ieri sera e stamattina, hanno scritto sul web.
I saluti e i grazie (sacrosanti).
I R.I.P. (sempre più insopportabili perché sempre più "di circostanza", a mio modestissimo parere).
Le frasi copiate da Wikipedia o da altri siti, e incollate con poco o nessun sentimento nei profili facebook.

In tanti hanno ricordato i suoi illustri trascorsi sportivi.
E altre cose della sua lunga vita.
Tutta roba che comunque si trova su internet e in svariate pubblicazioni. Basta cercare.

Io ho preferito scrivere qui sul mio blog, perché ho idea che quello che scrivo qui abbia una durata più lunga. Credo che quello che scrivo qui valga di più.
Forse è un'illusione e, se lo è, scelgo comunque di illudermi.
Per questo ho preferito scrivere qualcosa che mi appartiene e che lo riguarda.

Ti ringrazio di tutto, Bud.
Ed è tanta roba, credimi.
Scusa se non potrò mai sdebitarmi con te.
Mi mancherai davvero.

lunedì 4 aprile 2016

Quella firma FERRI G. che fa parte della mia vita come l'aria che respiro

L'ho vista per la prima volta un sacco di tempo fa, quella firma FERRI G.

Era sempre in edicola, sulle copertine degli albi di Zagor, quando mi portavano (mia madre, per lo più) a comprare Topolino.
Era una firma semplice, lineare e leggibile.
Niente fronzoli o girigori.
Niente abbellimenti.
Tutta forza e sostanza.
Concreta.
Inequivocabile.

Ma Zagor era un fumetto "per grandi", e io dovevo accontentarmi di Topolino. In attesa che arrivasse il mio momento.

L'ho vista da quando ho memoria di un'edicola, quella firma FERRI G.
Da prima di avere tra le mani il mio primo Zagor.
Che poi era il n. 100 (Zenith 151), Il mio amico Guitar Jim. Un albo tutto a colori. Un modo fuorviante per innamorarmi di Zagor e cominciare una collezione di giornaletti fatti di pagine in bianco e nero. A parte i numeri cosiddetti "centenari" e quella stranissima eccezione di Indian circus.

Era l'estate del 1980 e io avevo appena compiuto 10 anni.
Mia madre mi aveva portato in un altro paese a fare gli esami medici per la colonia estiva.
C'era un bel po' da aspettare e lei mi diede qualche spicciolo per comprare un fumetto.
Andai solo (come un esploratore dell'ignoto) nell'edicola giù in strada, proprio sotto l'ambulatorio. E lo trovai nello scaffale dei fumetti "arretrati", cioè in quel tabernacolo sacro che un tempo non mancava mai nelle edicole degne di questo nome.
A quell'epoca l'albo mensile inedito costava 500 lire. Una cifra proibitiva per me, che avrei dovuto aspettare quasi altri due anni per cominciare ad acquistare ogni mese l'ultimo uscito.
Comunque quel numero 100 a colori lo pagai 400 lire, come segnalava l'adesivo tondo appiccicato sul "vero" prezzo in copertina. Avrei staccato quell'adesivo solo qualche anno dopo, liberando il prezzo originale di L.250.

Il mio amico Guitar Jim fu una lettura nuova per me.
Appassionante.
Entusiasmante.
Era la storia a fumetti più lunga che avessi mai letto fino a quel momento. E da allora non smisi più di leggere Zagor.

Ma, anche se quello era il mio primo albo, avevo già incontrato lo Spirito con la Scure qualche tempo prima.
In occasione di una festa (Pasqua o qualcos'altro), a casa dei nonni arrivarono due album di trasferelli. Uno per me e uno per mia sorella.
Nel mio c'erano delle belle illustrazioni di alcuni tipici luoghi zagoriani. Di sicuro, uno scorcio della foresta di Darkwood con alberi e liane. Un fiume e almeno una canoa.
Quei disegni così dinamici e decisi, grondanti di avventura e carichi di promesse meravigliose mi rapirono per sempre.
Poi c'era quell'uomo in jeans aderenti e casacca rossa senza maniche. E quell'aquila sul suo petto.
Impossibile resistere.
Quello era Zagor che mi chiamava all'avventura.
Quello era il disegno di Gallieno Ferri.
Quella era la porta che avrei varcato senza più tornare indietro.

Sono passati trentasei anni da queste cose.
Da tante primavere a questa parte il mio lavoro è fatto di scrittura.
In modo particolare di scrittura per i fumetti.

Ecco. Tutto questo per dire che, anche se ho cominciato a leggere e scarabocchiare fumetti almeno tre anni prima di quell'estate del 1980, io sono diventato uno sceneggiatore di fumetti in buona parte per merito di Zagor.
Un merito che è prima di tutto dei disegni di Gallieno Ferri.
Infatti fu grazie a quell'album di trasferelli che ebbi la possibilità di respirare per la prima volta l'aria di Darkwood, applicando su quelle pagine le figurine di Zagor, Cico & company.

Tutto il resto, comprese le meravigliose storie di Guido Nolitta / Sergio Bonelli, l'ho scoperto dopo.
Ed è stato all'altezza delle immense aspettative che mi ero fatto.
Proprio come la vita e l'opera di Gallieno Ferri.
Un uomo che non potrò mai smettere di ringraziare e di ammirare.

Mi mancherà quella firma FERRI G., dopo la pubblicazione della sua ultima copertina di Zagor. Mi mancherà quando anche la sua ultima tavola sarà data alle stampe.
Mi mancherà maledettamente.
Ma non me la dimenticherò mai.

Grazie, Gallieno.
Grazie, maestro.