se fossi un'automobile...

... sarei una FIAT 850. Ve la ricordate?

lunedì 3 febbraio 2014

Al cinema... John e Jack non so! (22)


The full stronzy
(UK-Rep. di S. Marino, 2009)

a cura di Brando Marlon 

Dopo cinque anni dalla sua (per la verità, non troppo fortunata) uscita, torna nelle sale il capolavoro assoluto dell’italianissimo Lello Mastraquaresima, regista, sceneggiatore, produttore, attore, stuntman, fotografo, cameraman, montatore, scenografo, costumista, parrucchiere, stilista, maestro d’armi, musicista, ingegnere del suono, ingegnere aerospaziale, ingegnere informatico, Professore Emerito di Lingue Antiche all’Università di Boston, Segretario privato del Presidente dell’ONU, Console Onorario in Danimarca, Amministratore Delegato di 158 società quotate in Borsa, Consigliere Particolare della NASA e dei Servizi Segreti paraguaiani, Rettore Ombra delle Università di Sidney, Brasilia e Pechino, Console della Cirenaica, Proconsole della Gallia Citeriore, Imperatore della Siberia nord orientale, pilota di Shuttle e bidello dell’INPS (per citare solo una minima parte dei suoi tanti incarichi/lavori/specializzazioni).

Toni Mastravenerdìsanto è un abile arrampicatore sociale che, grazie agli strumenti messigli a disposizione dalla sua famiglia (inserita alla perfezione nei circuiti politico/mafioso, economico/mafioso, fiscale/mafioso e imprenditoriale/mafioso dello Stato/mafioso), comincia fin da piccolo ad assommare sulla sua persona una serie di incarichi.
Alle elementari diventa subito capoclasse e anche vice capoclasse, cosa che gli permette di essere presente anche quando è assente, e quindi di sostituire se stesso quando non c’è.
Alle medie assume i ruoli di capitano di tutte le squadre sportive (rappresentative) della scuola: calcio, pallacanestro, pallavolo, tennis, pallanuoto, rugby, e bob. Il tutto, con la regolare esenzione dalle lezioni di Educazione Fisica, senza mai praticare e/o aver mai praticato nessuno sport, e senza avere mai neppure visto in lontananza gli impianti sportivi della scuola (di cui ignora perfino l’ubicazione).
Alle superiori è rappresentante dei genitori (pur non avendo ancora avuto figli), rappresentante dei professori (pur essendo ancora studente) e rappresentante degli studenti nel consiglio d’istituto. Quando il preside solleva l’obiezione circa il palese conflitto di interessi che deriva dalla somma di quei tre incarichi, Toni mette in campo le sue conoscenze e fa radiare dal servizio lo stesso preside, prendendo ad interim anche il suo incarico.
Dall’università in avanti, la vita di Toni diventa un inarrestabile accumulo di incarichi (e quindi di stipendi, pensioni, emolumenti, rimborsi, gratuità, agevolazioni, scivoli, capriole ed equilibrismi che nemmeno al Circo Orfei…). Il ragazzo, ormai diventato uomo, a trent’anni si ritrova contemporaneamente presidente della Confindustria e dei Cobas, dando vita a esilaranti comizi e contro-comizi, interviste e contro-interviste, dichiarazioni e contro-dichiarazioni.
A quarant’anni è contemporaneamente presidente del PRCDP (Partito per il Ritorno del Comunismo Duro e Puro) e del PFNCMD (Partito Fasci-Nazista Clerico Monarchico Dittatoriale). Non sazio, incassa anche le cariche di Papa, Rabbino Capo, Dalai Lama, Amministratore Delegato di Scientology per il sud est asiatico e Generale in capo dell’esercito di Al Quaeda.
Svolge anche attività manageriali nelle principali organizzazioni occulte per la promozione del satanismo nel mondo e riesce ad aprire una Università Cattolico-Satanista in Vaticano, con i fondi destinati alla ricerca sulle malattie rare.
A cinquantasei anni, le sue cariche e contro-cariche sono diventate così tante e incongruenti che non passa giorno che, sui telegiornali, Toni venga intervistato, contro-intervistato e costretto a rilasciare dichiarazioni sempre più pesanti e devastanti contro se stesso.
La vita politica del Paese, per anni è letteralmente dominata da questa figura che ormai somma su di sé la maggior parte delle cariche disponibili a tutti i livelli. La cosa va avanti fino a un favoloso contradditorio “a uno” in prima serata su Porta a Porta, a reti Rai e Mediaset unificate (nel frattempo, infatti, il patron di Mediaset è schiattato e Toni è diventato anche presidente dei due poli televisivi più grandi d’Italia). Toni presenta il programma e dibatte contro se stesso in uno straordinario crescendo che lo porta a venire alle mani e a strozzarsi. Il suo cadavere è esaminato da Anton Mastrasabatosanto, il commissario di polizia di fiducia di tutte le cariche e contro-cariche rappresentate in vita da Toni. Ma per il commissario è impossibile scoprire CHI ha ucciso CHI.
Il Papa è stato ucciso dal satanista o viceversa?… Il politico è stato ucciso dal mafioso o viceversa?… Il capoclasse delle elementari è stato ucciso dal suo secondo o viceversa?
Alla fine, il commissario Anton Mastrasabatosanto capisce che la vera cosa importante non è risolvere questo caso. È inutile stare lì a farla tanto lunga, con Toni sono morti tutti.
E, dato che l'attore che ha interpretato tutti i personaggi del film è sempre lo stesso (anche il ruolo del commissario è infatti interpretato da Lello Mastraquaresima), l'unica soluzione è prendere il suo posto. Tanto la gente, ormai assuefatta e completamente rincoglionita, non si metterà neppure il problema di quello che è successo. Anzi, come sempre, nemmeno si accorgerà che è successo qualcosa.

domenica 2 febbraio 2014

Non mi piace quello che vedo, e cerco di capirlo...


Riflessioni domenicali su una situazione che mi piace sempre meno, quella del mondo in cui vivo. Quella che vedo intorno a me. Quella delle persone e dei personaggi che in questo mondo agiscono, fanno e subiscono cose.
Naturalmente scrivo quello che mi salta in mente e me ne frega sempre meno di fare i conti con la lunghezza dei post.


Bugie, bugie e ancora bugie.
Viviamo in mezzo alle bugie. Dentro le bugie. Comunichiamo e ci relazioniamo nelle bugie. Ogni giorno consumiamo e produciamo una quantità incalcolabile di bugie.
Siamo pieni di bugie.
Cose non vere.
Cose vuote, senza sostanza, senza valore, senza coraggio, senza idee, senza dignità.
Cose preconfezionate.
Cose pensate da qualcuno che ce le deve vendere o che ce le regala per ottenere qualcosa in cambio da noi… voti, sesso, lavoro, accessi in un sito web…
E anche quando le “facciamo in casa”, ci preoccupiamo che le nostre bugie somiglino sempre più a quelle preconfezionate che ormai sono le uniche che riusciamo ad accettare e a riconoscere.
Bugie standard.
Bugie targhetizzate per fascia d’età, genere, condizione sociale, in modo che tutti si illudano di essere stati loro a sceglierle in base ai loro gusti.
Cose meramente estetiche, “di facciata”, che servono solo ad allontanarci dal senso del mondo, dal senso della vita, dal senso delle cose e dal senso di noi stessi.
Imbrogli. Truffe. Falsificazioni. Mistificazioni.
Ce le raccontiamo con convinzione. Ce le scambiamo come le figurine mancanti di un album dei calciatori. Andiamo in crisi di astinenza se, dopo alcuni minuti, non ne assumiamo di nuove e non le condividiamo con altri, magari sul profilo facebook.
Respiriamo un’aria satura di immagini distorte. E non sono nemmeno immagini della realtà, ma di altre immagini distorte.
Ma questo è diventato il nostro pane quotidiano e, ormai, non siamo più nemmeno sicuri che siano davvero bugie. Siamo talmente assuefatti a questo sistema di cose, che ci siamo convinti che il mondo e le persone siano davvero come li vediamo adesso, come ce li raccontano alla TV o come ci appaiono dai/nei social network.

I finti guerrieri di eserciti inesistenti e i loro capi.
Siamo lontani dal mondo e da noi stessi come MAI l’umanità è stata prima d’ora.
Ci affidiamo a un’idea, a un credo, a una fazione, senza nemmeno prendere informazioni su chi ha “costruito” la causa che noi abbiamo deciso di sposare, su chi ha deciso la guerra che noi stiamo andando a combattere, su chi ha preparato la pozione che ci accingiamo a bere. Non solo. Non sappiamo e non vogliamo sapere nemmeno il perché.
Ci basta questo assurdo e devastante senso di appartenenza a qualcuno o a qualcosa in modo cieco, sordo e acritico. Solo per indossare una casacca. Solo per sentirsi parte di qualcosa. Solo per avere una partita da giocare. Solo per avere la sicurezza che dall’altra parte della barricata ci sia un nemico da combattere. Salvo poi scoprire, quando però è troppo tardi, che la barricata in realtà è solo uno specchio e che dall’altra parte c’è solo la nostra immagine riflessa.
“Matrix” è dentro e fuori di noi. Siamo cadaveri viventi. Bozzoli in stato di coma controllato da buffoni di 70, 80 e 90 anni ricchi sfondati che ci hanno comandato (e non governato) per oltre vent’anni, facendo regredire a livelli inverosimili le nostre capacità critiche, la nostra sete di conoscenza, il nostro consumo e la nostra produzione di cultura, il nostro bisogno biologico di identità. Mascalzoni, ladri, truffatori, delinquenti, mafiosi, faccendieri, magnaccia e puttanieri che hanno cucito un mondo finto, fasullo, bugiardo tutto intorno a noi. Ce lo hanno cucito di fronte ai nostri occhi, giorno per giorno, in oltre vent’anni. E noi li abbiamo lasciati fare, perdendo definitivamente la nostra identità, la nostra capacità di scegliere e di spazzarli via, schiacciandoli come ragni velenosi. Cioè come quelli che erano e che sono.
Ma ormai è tardi. Troppo tardi.
La loro tela (e le loro “Tele”, pubbliche o private fa lo stesso) ci hanno stretto in una morsa da cui è impossibile liberarci.
Ci hanno ridotti a larve dipendenti da loro e dalle loro falsità.
Ci succhiano il sangue per continuare a trarre la loro forza e, contemporaneamente, continuare a mantenerci deboli. E intanto continuano a derubarci sotto i nostri stessi occhi. A riempirci la testa di fandonie. A imboccarci col cucchiaino massicce dosi di distorsione della realtà.

Nessuna cultura, nessuna memoria, nessun futuro.
Siamo automi privi di umanità.
Ragioniamo e ci esprimiamo in termini di “numero massimo di battute”, come se fossimo perennemente su un social network, anche quando discorriamo tra noi durante una pausa caffè. Non siamo più capaci di orientarci in una discussione articolata. Crediamo di non avere tempo per noi stessi, per pensare, riflettere, approfondire, conoscere, discutere, dibattere, studiare, ricercare. Ma abbiamo tempo da buttare per spettegolare, curiosare a vuoto sulle cose più effimere e inutili delle vite degli altri, intrattenere rapporti virtuali con gente che non conosciamo e non conosceremo mai.
Semplifichiamo sempre più il nostro linguaggio. Eliminiamo parole dal vocabolario. Diamo significati di comodo alle parole che ci rimangono. Non leggiamo più, a parte le infinite volgarità che troviamo nella rete. E dalla rete prendiamo solo il peggio.
Non conosciamo il nostro passato. Non vogliamo più avere un passato. In moltissimi già non ce l’hanno più. Chi di noi ce lo aveva, lo ha rimosso o fa di tutto per rimuoverlo e rinnegarlo. Fuggiamo dalle nostre radici come dalla peste. E costruiamo senza fondamenta le case per i nostri figli e per le generazioni future. Anzi, i porci al potere ci hanno insegnato a soddisfare ogni nostro appetito con tutto ciò che dovrebbe costituire il nutrimento, la base e le fondamenta delle generazioni future. E stiamo consumando tutto questo prezioso cibo, rovinando irrimediabilmente la vita a chi verrà subito dopo di noi. Questa forma di cannibalismo preventivo sui nascituri (che poi altri non sarebbero se non i nostri figli, il sangue del nostro sangue, se ancora il sangue ce lo avessimo) è la fine del mondo. La fine dell’uomo.

Le nostre colpe e le colpe di coloro a cui ci affidiamo.
E siamo tutti colpevoli. Colpevoli di aver fatto o di non aver fatto. Di aver lasciato fare. Di aver voltato la faccia. O di aver fatto finta di niente.
Colpevoli di non aver detto la nostra. Di non avercela neppure avuta una “nostra da dire”. Di aver scelto o di non aver scelto, senza capire chi, cosa e perché.
Colpevoli di non mandare al diavolo chi ci ha portati fino a questo punto.
E, non lo dico certo per qualunquismo, tutti hanno lavorato per condurci fin qui.
Le “Destre” ingorde e truffatrici; devastatrici di ambiente, cultura e valori umani; creatrici di illusioni vuote e di trappole morali; allergiche al rispetto dell’uomo, della donna, del lavoro e della dignità; idolatri della comunicazione distorta come forma di accalappiamento delle masse.
I “Centri” amorfi e cerebrolesi; vetusti e mummificati; privi di idee e di carattere; facili alle collusioni e alle complicità; banderuole senza palle e senza bussola; dispensatori di nulla e di modelli aprioristici spesso inutili, quando non mortalmente dannosi.
Le “Sinistre” morte e devastate da cancrene interne in lotta tra loro per divorare quei pezzetti di speranza (ormai vana) che ancora resta; inclini anch’esse alle collusioni, alle tangenze sporche e losche e alle ruberie di bassa lega; incapaci di riconoscere e di difendere l’umanità del cittadino.
I “Grilli” che cantano sul web, predicando talvolta anche bene, ma razzolando a vanvera senza arte né parte; casinisti confusionari e arruffoni; creatori di illusioni virtuali e virtualistiche che nascondono agli occhi del popolo (anche quando non vogliono) ogni eventuale via d’uscita.
Tutti incapaci di partorire un vero leader.
Una figura, quella del leader, che non si è MAI vista in questi ultimi venticinque anni. Li chiamano e li hanno chiamati leader, ma al massimo sono e sono stati capi (capibanda, capipopolo), manager, generali, colonnelli, squali, sciacalli, prevaricatori, corruttori, mafiosi, fantocci creati da un ufficio marketing bene organizzato.
I leader sono ben altra cosa. Sono di ben altra pasta. Sono lontani anni luce da queste pessime figure caricaturali e deprimenti che ricordano solo vagamente, nei loro aspetti decadenti e falsificati, quello che poteva essere (una volta) un essere umano che godeva della fiducia e della stima dei suoi simili.
Immagini distorte di una realtà che non c’è più e che, per chi oggi è ancora molto giovane o per chi nascerà domani, non ci potrà mai essere.

La responsabilità di decidere un futuro.
Dov’è e dove sarà il futuro?
Per conto mio, ogni giorno mi convinco sempre più che il futuro non è nel web.
Il web è solo uno strumento. Non è la realtà. Non è la vita. È un dannatissimo strumento nelle mani di chi lo usa. E non possiamo permettere che sia lui a usare noi, come invece lasciamo che succeda con i nostri bambini e i nostri ragazzi. Che razza di uomini stiamo diventando? Dove diamine è finito il nostro senso della responsabilità?
Il futuro dell’uomo, che lo si voglia riconoscere o meno, è (e sarà) sempre nell’uomo.
Ed è da lì che bisognerebbe ricominciare per smantellare tutte le strutture fasulle che ci sono state costruite intorno in questi ultimi venticinque anni.
È da lì che bisogna cominciare per fare piazza pulita di questi maiali che ci hanno comandato (e non governato), imponendoci di stare male e di vivere in una condizione di crisi continua e degenerativa.
Perché, fino a prova contraria, nessuno di loro è riuscito ad avere un’idea o a compiere un atto concreto che abbia davvero migliorato qualcosa a qualcuno. Anche di poco.
E non parlo di migliorare le condizioni pensionistiche dei pluri pensionati d’oro. E nemmeno di migliorare le possibilità di farla franca per chi esporta illegalmente capitali all’estero.
E sì che basterebbe rimboccarsi le maniche e riprendere contatto pian pianino con la propria consapevolezza. Un lavoro lungo, ma diluibile nel tempo, come una cura da fare a piccole dosi ogni giorno. Una cura che spazzi via per sempre tutte le bugie, le falsificazioni e le distorsioni che ci circondano, e che ci restituisca il nostro mondo, la nostra vita e il nostro futuro.
Una cura che ci porti, appunto, a riappropriarci ciascuno della consapevolezza di sé.

sabato 1 febbraio 2014

La parola a Mr. Job (15)

Meritocrazia

Vi ricordate di me?
Forse no, ormai è passato troppo tempo dal mio ultimo post e i blog sono diventati inutili almeno quanto i miei discorsi.
Comunque io sono Mr. Job e ogni tanto mi permetto di postare qualche riflessione in questo blog, l’unico spazio web che mi abbia mai dato (e che ancora mi dia) asilo.
So cosa state pensando… “Se questa è l’unica pagina web su cui riesci a farti ospitare, allora non è che sei messo granché bene,  Mr. Job!”. Naturalmente avete ragione a pensarla così, ma lasciate che vi dica che anche voi non siete messi proprio benissimo.
In ogni caso, se volete rinfrescarvi la memoria sugli argomenti dei miei piccoli sproloqui, non avete che da cliccare QUI e leggervi i post precedenti.
Tra le varie lettere che, nonostante tutto, continuo a ricevere, oggi pubblico quella di un tale che si firma Signor Ciompo e che scrive da Trani:

Egregio Mr. Job, da anni ormai si fa tanto parlare di merito e di meritocrazia. Ma come me lo spiega che proprio gli “illustri” personaggi che avrebbero il potere (o il compito, o il dovere...) di introdurre il sistema del merito nella politica, nell’economia e, più in generale, nel mondo del lavoro, sono i primi ad alimentare i soliti meccanismi clientelari, sempre più basati sul fare andare avanti figli, fratelli, nipoti, parentado vario e assortito… oppure amici, amici degli amici, “tangentari”, “malavitari” e stronzi incompetenti nonché spesso deficienti, idioti e cerebrolesi di ogni sorta?
Mi sono rotto i coglioni di mandare il mio curriculum vitae formato europeo (lungo 9 pagine) a destra e a manca, per poi vedere che “quel” posto viene assegnato a un tizio che non può nemmeno avere un curriculum formato “sticazzi”, perché la sua condizione di semianalfabetismo gli permette a malapena di leggere i titoli de La Gazzetta dello Sport, capendone sì e no il 2 per cento. Mi rode il culo vedere che tutti i sistemi di assegnazione di posti di lavoro, cariche, appalti e quant’altro continuano allegramente a non considerare titoli, esami, esperienza, professionalità, capacità e qualità. Non è ammissibile che in questa Italia certe persone che potrebbero al massimo pulire i cessi prendano milionate di Euro per fare i “se stessi” (cioè i mentecatti) in TV o in qualche importante consiglio di amministrazione.
Per quale oscura ragione, secondo lei, i super manager che fanno fallire le grandi aziende vengono premiati con milioni di Euro di buonuscita e poi ricollocati in qualche altra grande azienda che ancora non è fallita per il semplice motivo che loro non ci avevano ancora messo le mani?
È possibile che siamo un popolo così lontano dal buonsenso? Così restio a mandare a cagare gli accozzati e gli accozzatori? Così refrattario a capire che SOLO chi ha le competenze e le qualità per fare un certo lavoro deve essere messo a fare quel lavoro? È possibile che l’unico modo per avere successo in Italia con un progetto o, più in generale, con un’idea, sia quello di andare all’estero, sviluppare quell’idea e poi portarla in Italia solo quando il politico, l’imprenditore o il potente di turno se ne accorge e decide di farsi bello (e possibilmente ricco) con un successo che è già… “successo”?
Potrei continuare, ma mi fermo qui.
Ora mi dia una riposta lei, caro Mr. Job, perché io francamente, dopo aver impiegato gli ultimi 25 anni ad arrabattarmi in mille lavori, in mille domande, in mille colloqui, in mille proposte e in mille discussioni sull’argomento, ho esaurito le risorse, la pazienza e la capacità di capire.

Caro Signor Ciompo da Trani, che le devo dire? Ha detto tutto lei... anzi, guardi... facciamo così: lei mi mandi il suo indirizzo mail e io le invio subito un biglietto di sola andata per l'Australia.
Ma, mi raccomando... se vuole davvero meritarsi quel biglietto, non si azzardi mai più a tornare in Italia!